La cessione del quinto è una forma di finanziamento, erogata da banche e società finanziarie, collegata all’ammontare del salario o dello stipendio percepito dai lavoratori dipendenti. Il termine deriva dal fatto che l’importo massimo della rata di rimborso del prestito non può superare il valore di 1/5 (cioè il 20%) dello stipendio mensile netto, inoltre la durata massima consentita è di 120 mesi e in genere le rate non sono mai inferiori ai 24 mesi.
La cessione del quinto, originariamente prevista solo per gli impiegati statali e poi estesa anche al settore privato, prevede, a differenza delle forme di prestito abitualmente contratte, che la rata, invece di essere pagata dal debitore, gli venga direttamente detratta dal salario o dalla pensione, tramite la cessione volontaria al creditore di una quota, che non può superare la misura massima di un quinto di quanto percepito in busta paga. Al rimborso della rata, quindi, non provvede il mutuatario (cioè il cliente) ma direttamente il suo datore di lavoro, dietro appunto cessione di una quota dello
stipendio.
Infatti il datore di lavoro sarà tenuto per legge a trattenere la rata indicata nel contratto dalla busta paga del dipendente e a versarla alla Banca erogante il prestito. Questo obbligo dovrà essere mantenuto per tutta la durata del piano di ammortamento ma ovviamente solo nel caso il dipendente faccia parte ancora dell’Azienda. In caso, infatti, di cessazione o sospensione della busta paga per qualsivoglia motivo (dimissioni, licenziamento, aspettativa ecc.) il datore di lavoro è legittimato a interrompere il pagamento della rata.
A questo punto la banca finanziatrice potrà rivalersi sul TFR (Trattamento di fine rapporto) fino a quel momento maturato dal lavoratore, in quanto l’azienda sarà obbligata a versare tali soldi alla banca creditrice onde eliminare parzialmente/totalmente il debito del suo ex-dipendente.
La disciplina normativa in caso di cessione del quinto venne introdotta nel secondo dopoguerra, dal D.P.R. 5 gennaio 1950 n. 180, e dal relativo regolamento attuativo, il D.P.R. 28 luglio 1950, n. 895.
La cessione del quinto pertanto è assistita da garanzie, alcune delle quali imposte per legge, come ad esempio l’obbligatorietà di una polizza assicurativa per il rischio vita e/o rischio impiego, che tuteli il finanziatore nel caso di morte o di perdita del lavoro, i cui costi gravano sul lavoratore.
L’assicurazione nel caso di “rischio vita”, permette agli eredi di non esser gravati da debiti dopo la dipartita del contraente del finanziamento.
È importante, quindi, valutare se l’importo della rata sia sostenibile in considerazione del proprio budget familiare e degli altri impegni di pagamento mensili quali affitto, bollette ed eventuali altre rate.
Detto questo, però la cessione del quinto dello stipendio presenta numerosi vantaggi:
(i) E’ un prestito non finalizzato, pertanto non si è tenuti a motivare la richiesta, in pratica la banca non è tenuta a sapere cosa farai con i soldi una volta che avrà erogato il finanziamento.
(ii) Puoi accedere al prestito anche se non hai rispettato le tempistiche di pagamento per la rata del mutuo o emesso assegni scoperti o se hai un pignoramento in corso o sei un protestato.
(iii) Non prevede firme aggiuntive quindi non esistono ipoteche o fideiussioni. A garantire per te sarà solo il tuo stipendio o la tua pensione.
(iv) Ha un tasso di interesse fisso per tutta la durata del contratto in cui si ha la possibilità di decidere il numero delle rate da versare dilazionando le quote di pagamento nel corso di 24 o 120 mesi.
(v) L’importo finanziabile può arrivare fino a 50.000 euro.
Come tutti i finanziamenti, anche la cessione del quinto,si estingue normalmente alla scadenza stabilita nel contratto una volta completato il pagamento di tutte le rate e restituito l’importo previsto.
Esiste però anche la possibilità dell’estinzione anticipata, ma prevede delle penali in funzione del debito residuo e di quando si decida di estinguerlo (1% se l’estinzione avviene in caso di durata residua del contratto superiore ad un anno; 0,5% in caso di durata residua pari o inferiore ad un anno). Tuttavia la penale non è dovuta in caso di debito residuo pari o inferiore a 10.000 euro.
Fonte: Infoprestitisulweb.it